Il 2016 sta per finire, lo ricorderemo soprattutto per i grandi musicisti che s’è portato via. Intanto ci prepariamo ad accogliere il 2017 come un compleanno collettivo, che obbliga ciascuno a ripensare al tempo che passa. La data cambia, va in avanti, è un momento di bilancio del passato e di speranza verso il futuro. Scambiandoci uno sproposito di auguri e brindando con i calici in alto, speriamo per noi e per gli altri che il nuovo anno sia migliore, più ricco, più felice, più sereno, più tutto.
E il bello è che siamo davvero convinti che gli auguri avranno una sicura influenza su di noi e su chi li riceverà. Eppure quasi a nessuno interessa il Capodanno come rito di passaggio da un anno all’altro, piuttosto è un argomento di conversazione quasi ossessivo che si concentra in una domanda che comincia a circolare mesi e mesi prima in quel drammatico, assillante quesito “Che fai a Capodanno?” Per quel giorno serpeggia il malsano bisogno di fare qualcosa di diverso. L’angosciosa, irritante, smania collettiva di segnare sul diario una data indimenticabile. L’attesa di un inizio speciale, scellerata speranza destinata a quasi certa delusione. E già. Perché la cosa veramente triste di Capodanno è che ti “devi divertire”, non provare a fare qualcosa che forse potrà divertirti. No. Ti devi divertire. Se non ti diverti a Capodanno che razza di sfigato sei?
Qualsiasi cosa si faccia, l’imperativo categorico è solo uno: sfrenata allegria a tutti i costi. Non conta se a un megaveglione con il dj più cool del momento o a casa con gli amici in montagna, quel che conta è far festa e possibilmente arrivare al nuovo anno quasi fuori di sé.
Anche se in fondo lo sappiamo tutti che la corsa al divertimento ad ogni costo rende tristi in una maniera indicibile. Come se essere contenti a Capodanno potesse cancellare al primo scoppio dei botti di mezzanotte tutte le cose sbagliate, i fallimenti, le delusioni, la noia e le amarezze accumulate nel corso dell’anno che ci lasciamo alle spalle.
Ma è veramente così indispensabile fare qualcosa di speciale a Capodanno? Serve davvero a qualcosa salutare l’anno bevendo l’impossibile? Forse c’è qualcuno che se lo domanda e anche se la risposta più ovvia sarebbe “no”, non ha il coraggio di esimersi dalla tradizione, è un rito di passaggio, un po’ come indossare qualcosa di rosso (preferibilmente sotto) o buttare dalla finestra un vecchio oggetto (ma se lo fate, smettetela: ne va dell’incolumità di persone e cose che potrebbero trovarsi sotto) o ancora sparare i botti alla mezzanotte (con grande dispiacere di cani e gatti che potrebbero restarci secchi).
Ma allora, se volessimo dissociarci? Difficile. Perché ignorare questa festa è impossibile. Evitarla pure. Ma salvaguardare l’io già provato dalle feste natalizie, questo si può fare.
Basta non avere aspettative di divertimento garantito. Basta evitare qualsiasi seduta di autocoscienza sull’anno che verrà. E, fondamentale: non fare finta che sia un giorno come un altro. Non funzionerebbe.
Perché un segno di festa deve esserci (pena effetto solitudine mostruosa da “reietto del pianeta”) ma con cautela. Evitando i riti obbligati e le ansie da prestazione. E poi, può sempre darsi che questo in arrivo sia un anno davvero migliore che ci porti quel qualcosa in più che abbiamo sempre desiderato. Non ci resta che attendere la mezzanotte e … felice anno nuovo a tutti!
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